Aldo Bovo nacque nel 1923 a Mirano, in provincia di Venezia.
La sua famiglia era povera e le persone vivevano nella semplicità delle cose veramente essenziali e necessariamente autentiche. Tale lui rimase pur se divenne pittore, maestro, musicista, attore, inventore, imprenditore e padre. Dipingeva da sempre, ma da adulto studiò a Venezia e Mestre: musica e canto, prima di dedicarsi completamente alla pittura e per questo studiò all’Accademia di Venezia e poi a Mestre con Viani, Bergamini e Urbani de Gheltof. Dagli anni ’60, già professionista conosciuto, seguì Zaramella a Mogliano e la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, per il consiglio di Emilio Vedova.
Occhi attenti sanno riconoscere la sua sensibilità e i talenti innalzati dall’umiltà nel lavoro di studio e ricerca: molti dei quadri di Aldo sono costruiti come loro fanno con le composizioni musicali. Ecco perché spesso i suoi dipinti ricordano un adagio, una fuga, una fantasia.
L’attitudine artistica di cui era dotato fu istintiva e di inventiva stimolata dalla curiosità verso il senso delle creazioni che vedeva intorno a sé, che non considerò mai come dei suppellettili o degli ornamenti della Natura e della vita, ma testimonianze di ciò che in essa ha veramente senso. Forse anche per questo considerava ciascuno dei suoi quadri come dei “mai terminati” e periodicamente li rimetteva sul cavalletto per osservarli, modificarne i particolari e le voci, come si fa con la terra, che non si smette mai di lavorare perché continui a donare vita. Diceva infatti: “Vorrei esprimere la bellezza della Natura, verso la quale sento ammirazione e gratitudine. Sento la struggente bellezza nascosta anche delle cose buttate via e anche quelle dipingo”.
Era, appieno, un fine colorista un esponente importante dell’arte nel popolo del veneziano. Scrissero: «l’espressione nelle opere di Bovo è dolce, venata di una pacata malinconia, una malinconia emozionata di fronte alle cose. Questo sentimento si trasforma su tela, così la sensazione provata di fronte al paesaggio è legata al silenzio che su tutto incombe». Ecco i codici delle parole, delle musiche e delle case di cui sono fatte Venezia e la venezianità.
Ha portato quei sensi veneziani in oltre sessanta personali da Venezia a Osaka, Tokio, Los Angeles, Honolulu, Bogotà. Su invito ha esposto anche a Parigi, Londra, Città del Lussemburgo, Bellinzona e Bruxelles e molto altrove, oltre a centinaia tra collettive ed ex-tempore in Italia.
Ci ha lasciati qui nel 1995.